domenica 16 maggio 2021

Tornare in superficie

Sentirsi completi è una condizione che si insegue per tutta la vita.


Per la maggior parte del tempo non si sa nemmeno cosa si insegue, semplicemente si corre in tondo senza una meta precisa, senza un obiettivo preciso, si tende ad inseguire qualsiasi cosa possa dar parvenza di qualcosa che si compie, che abbia un senso.
Ho inseguito per una vita qualcosa che non mi apparteneva, sperando che potesse dare un senso a ciò che credevo non averne. 
Mi sono affannata inseguendo chiunque e qualunque cosa, senza capire che la felicità è a portata di mano... Non la trovi in ciò che gli altri vorrebbero vedere, non puoi trovarla in ciò che la società ti inculca, e non te la trovi nemmeno in chi ti insegna che bisogna mentire per essere felici.
Mentire è un vortice che non ti lascia scampo, ti assorbe senza la possibilità di poter reagire, comanda i tuoi movimenti, fino a non capire più tu stessa dove si possa trovare il confine tra realtà e menzogna. Ti assorbe le energie, ti risucchia ogni reazione, ogni minima possibilità di ribellarti a quel mondo che ti lascia solo il sorriso di circostanza. 
Egoisticamente, chi ti insegna che la vita è una menzogna, ti insegna anche che puoi iniziare a risalire solo nel momento in cui arrivi a toccare il fondo. 
Io ho imparato da sola che l'unico modo per risalire velocemente e non annegare è arrivare a toccare il fondo e poi darsi lo slancio verso l'alto, con le proprie gambe, e più ci credi più velocemente risali.
Ho accettato di affrontare i miei fantasmi, di smascherare le mie bugie, di affrontare le conseguenze, perché ormai non capivo più dove finiva la realtà e iniziava la funzione, non riuscivo più a scindere ciò che ero diventata da ciò che volevo essere. Gli specchi erano diventati tutti dei bugiardi, io non ero quella, non potevo esserlo, cosa stavo diventando? Cosa stavo imponendo di me alle persone che mi stavano vicine, o almeno ci provavano... Cosa stavo concedendo di me a loro? O cosa stavo costruendo per poi concederlo?
Sono arrivata a sondare il fondale con il viso, mi sono graffiata e sporcata per troppo tempo che nemmeno so più cosa potrò ancora trovare di ciò che sono, ma ho deciso di reagire.
Mi ranicchio su me stessa, porto le ginocchia al petto, appoggio le piante dei piedi sulla sabbia e mi do lo slancio verso dove vedo il sole splendere, oltre gli abissi. Trovo il coraggio di allungarmi verso la luce che per troppo tempo non ho visto.
Mi stendo e nuoto verso quella luce che finalmente so che posso raggiungere e che voglio raggiungere, nuoto con tutte le mie forze perché so che adesso posso arrivarci, che se la raggiungo posso smettere di sentirmi annegare.
Adesso ho capito che si può vivere respirando e non sentendosi in apnea, adesso ho capito che i limiti sono quelli che ci impongono gli altri e non quelli che sentiamo dentro. 
Adesso ho deciso di VIVERE, subendone le conseguenze ma assaporandone fino in fondo ogni sfumatura, ed ho imparato sulla mia pelle che non bisogna paura di dire la verità, perché la verità stessa potrebbe stupirci.
Arrivo finalmente in superficie e respiro, sento il sole che mi scalda e lo sente anche chi mi sta attorno, e inizio a sorridere perché inizio finalmente ad essere io, a scegliere, a decidere e ad ascoltare chi mi sta attorno.
Finalmente mi sono riappropriata della mia vita, del mio sole e del mio mare, e non avrei mai potuto farlo senza di LUI che mi fornisce ossigeno ogni minuto e mi prende per mano appena mi sembra di tornare sotto la superficie. 

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