giovedì 2 settembre 2021

L'accettazione

I sentimenti fanno paura, e più forti sono e più paura fanno. Ci sono sentimenti diversi tra loro, ma comunque intensi e totalizzante, e la maggior parte delle volte fa una paura tremenda quando arrivano, perché non riesci a gestirli, e più crescono e più diventano ingovernabili.
Allora cerchi di divincolarti da quella sensazione di gabbia in cui credi di sentirti, perché pensi che non è una situazione che sei in grado di reggere e di sostenere.


 Tu, sempre stata uno spirito libero, un Pegaso imbizzarito come quello che ti sei tatuata sulla gamba, con le ali spiegate, pronto a prendere il volo.
Invece quelle ali te le senti bloccate, non riesci ad aprirle del tutto, e vuoi volare alta, senti finalmente il desiderio di esplorare posti nuovi, e non credi di riuscire a farlo.
Così ti convinci che il problema sta nella tua appartenenza, in quel legame forte e profondo che non credi di riuscire a gestire, nella tua voglia di libertà che credi di aver perso.
Poi subentra la paura di esserti persa, quella paura mista a terrore puro che non ti fa più sentire Padrona di te stessa, credi di aver perso ogni controllo e ogni potere sulle tue decisioni, e, se ciò che adesso ha la vita nelle tue mani dovesse d'improvviso sparire, resteresti vuota e solo l'ombra di ciò che un giorno sei stata. Sai che non saresti la sua scelta se dovesse barattarti con la sua famiglia, e questo fa una fottutissima paura, come puoi metterti nelle mani di qualcuno che potrebbe sparire e voltarti le spalle da un momento all'altro?
Allora prendi il coraggio e l'incoscienza a due mani e chiedi ciò che mai avresti pensato di fare, farti togliere il collare. Gesto estremo? Sicuramente. Ma in quel momento mi sembrava l'unica cosa sensata da poter fare. Voleva dire riprendere la mia indipendenza, tanto Francesco ha detto che in qualsiasi momento avrebbe accettato questa decisione, perché non si può costringere nessuno né ad amare e nemmeno ad appartenere, deve venire da dentro. Lo affronto e gli chiedo, certa che avrebbe capito e accettato, e così è stato. Ma è in quel preciso momento che ho sentito che forse non era più la decisione giusta, ho sentito il fiato farsi più pesante, le gambe tremare e la testa girare, ma ormai la decisione era stata presa e non avevo intenzione di tornare indietro. Gli chiedo di togliermelo lui, io non ci sarei riuscita, e gli chiedo di farlo in un luogo tranquillo, perché non sapevo che reazione istantanea avrei avuto, ma ero decisa che quella fosse la strada che dovevo percorrere e che avrei portato avanti, sicuramente non avrebbe fatto male per sempre, e Francesco mi avrebbe amato comunque.
La giornata al lavoro passa in un lampo, ma non sono mai stata bene, forse la mascherina portava via ossigeno, ma mi sentivo male, debole e agitata allo stesso tempo.
Arrivo dove ci siamo dati appuntamento, sento arrivare anche lui, sono in piedi che lo aspetto, fissa, ferma, ma appena sento il suo passo avvicinarsi, le gambe non mi reggono e cado in ginocchio, la testa appoggiata al pavimento, le lacrime che iniziano a scendere silenziose come a chiedere perdono a Francesco per quello che gli stavo chiedendo di fare, stavo nuovamente squarciando il suo petto, ma questa volta non me lo avrebbe fatto vedere. Entra e mi trova così, mi chiede di alzarmi, una, due volte, ma non ne ho la forza, non voglio fargli vedere le lacrime che ormai hanno bagnato il pavimento. Si siede e mi chiede di girarmi verso di lui, ma ancora non obbedisco, allora me lo fa fare prendendomi per i capelli, e portando il mio volto all'altezza del suo, io in ginocchio al suo cospetto. Mi guarda, nota le mie lacrime ma non si sofferma e scrutare, ma fissa i miei occhi come a volermi entrare nel cervello, come se non ci fosse già. Non parla, mi guarda solo, fissa i miei occhi socchiusi e il volto sfigurato dalle lacrime e mi chiede "mi hai detto che se ti amo devo toglierti il collare per lasciarti libera, sono qui per questo, girati"
Non ci riesco, sono impietrita e immobile, adesso l'unica cosa che mi fa paura è che davvero mi liberi da quel vincolo in cui si sono intrecciate le nostre anime. Ma come... Mi sentivo incatenata, chiusa in una gabbia, impaurita e senza scampo, e adesso non è più così?
Mi fa alzare e mi porta di forza davanti allo specchio, mi fa guardare, lui dietro a me che mi obbliga a fissare lo spettro di me stessa... Mi chiede di nuovo se voglio che mi tolga la striscia di pelle nera che avvolge il mio collo, ma di nuovo non rispondo. Mi riporta dove ero prima, in ginocchio al suo cospetto, si siede di nuovo, e fissandomi sempre con il suo sguardo gelido mi dice: "Missy di chi sei tu?" non rispondo "Missy di chi sei?" "MIA, VOGLIO TORNARE AD ESSERE MIA!" con una mano mi tiene i capelli, con l'altra mi sgancia il collare e lo butta a terra. In quell'esatto momento mi sono sentita VUOTA, un involucro inanimato e spento. Mi fa alzare di nuovo e mi riporta davanti allo specchio, e non ero più io... Non per gli occhi, non per il gonfiore del viso o per i capelli arruffati, ma non mi riconoscevo più. Francesco mi abbraccia, ma non voglio, devo elaborare il lutto di ciò che era appena successo, avevo appena scandito la morte di una parte di me. Torna vicino ma lo mando via di nuovo. Mi ama, con o senza collare, mi vuole comunque con sé, ma sono io che capisco di non amarmi senza. Mi ranicchio su me stessa, le mani al collo a mimare ciò che non sento più, il mio collare buttato a terra, e io non sono più io.
Allora capisco, in un momento capisco tutto. Ciò che non mi faceva sentire libera, pronta a spiegare le ali, felice e imbizzarrita come il mio Pegaso, non è la presenza del mio Padrone, ma la sua assenza. La paura della sua assenza, il poterlo perdere, l'aver capito che non posso vivere senza di lui. Lui è la mia libertà, lui è colui che spiega le mie ali, colui che mi permette di volare perché è il primo a credere che io sia in grado di farlo anche da sola.
È stato un pomeriggio duro, lui l'ha chiamata "sessione di accettazione" la mia "presa di coscienza del ruolo" , adesso vede in me una slave completa, "di caratura elevata" come gli piace ripetere. Ha atteso i miei tempi senza mai accelerarli, non ha mai forzato nessun passo, ma questo momento doveva arrivare, ed è stato come un treno merci che mi ha travolto. Sono stata trascinata dal treno come se dovesse uccidermi, ma lui mi ha tratto in salvo appena è riuscito ad afferrarmi, ha curato le mie ferite del corpo e dell'anima. 
Sempre pronto a tirarmi a sé ogni volta che ho bisogno di essere tirata in salvo, sempre pronto a sorreggermi se sto per cadere, o a stringermi a se quando le gambe non mi reggono.
Ho fatto un passo avanti, forte, importante, forse decisivo. Ho acquisito una nuova consapevolezza, la più importante, e lo ha capito anche lui... Sono sua, VOGLIO essere sua, e lui è ciò che voglio. Non posso prevedere il futuro, nonostante le sue continue rassicurazioni, ma so che senza di lui la mia non sarebbe vita, quindi torno ad indossare con fierezza il mio collare e a mettere un passo davanti all'altro, con ordine, godendo di ogni singolo movimento fatto con lui e per lui, perché la sua felicità è la mia, il suo appagamento è il mio, e la mia vita è la sua. 

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