sabato 24 settembre 2022

Non voglio una lenta agonia...

Pensi, ripensi... Ti perdi in quei momenti ormai passati e che iniziano a sbiadire.
Pensi, continui a pensare... E non capisci se quei ricordi sia giusto tenerli nel cuore o sforzarti a rilegarli in qualche angolo buio della memoria, tanto vicini da permetterti di sentirne ancora il calore ma abbastanza distanti da non far più scendere lacrime che riscaldano il viso.


Non capisci più quale sia la strada giusta da percorrere, perché ogni persona dice una cosa diversa, tutti dicono la loro in base alla propria esperienza, ma nessuno ci conosce abbastanza bene da sapere cosa proviamo, perché entrambi lo sentiamo ancora dentro cosa sente l'altra parte del nostro cuore ormai distante... Una vita vissuta a metà, per scelta, per obbligo, per necessità, arriva il momento in cui qualsiasi giustificazione si fonde con le altre fino a dare un unico significato a ciò che sto vivendo, ovvero l'assenza. 
Nessuno merita di soffrire dopo aver dato tutto se stesso, nessuno merita di dover subire le cattiverie della gente per mera stupidità, invidia o cattiveria che hanno già provato sulla loro pelle ma che adesso li rende forti per essersi trasformati da vittime a carnefici, per essere riusciti a girare quel coltello che prima faceva loro sanguinare il palmo della mano, ma che adesso riescono a tenere ben saldo per il manico. Spesso mi chiedo cosa si provi a fare del male, ma non riesco a capirlo, forse perché non ne sono capace, forse perché so cosa significa soffrire e preferisco l'indifferenza al procurare dolore, perché la cattiveria logora chiunque, a lungo andare, anche chi crede di tenerla in pugno. 
Quando credo di aver finito le lacrime da versare, ecco che tornano a sgorgare e a segnarmi, a dividere le guance con una linea netta che parte dagli occhi e arriva al mento senza fermarsi, senza interruzioni. Le lacrime non hanno colpa del segno che lasciano, perché sono semplici segnali del dolore che non riesce più a restare confinato nel corpo, che esplode, e allora scendono senza permesso, che tu sia in macchina, al supermercato, al lavoro. Le lacrime non chiedono il permesso per uscire e liberarsi, lo fanno e basta, uniti al naso rosso che la mia collega riconosce ormai immediatamente da quante volte lo ha visto in questo ultimo mese, quelle che mio marito asciuga senza fare domande, che le persone fissano chiedendosi cosa le hanno provocate, che chiunque vede senza sapere da cosa nascono, ma creando supposizioni. Perché le persone sono così, devono avere la risposta anche senza fare la domanda... 
Oggi ho scelto di affondare il coltello nel petto, perché questa non è vita, perché un lento sanguinamento porta comunque alla morte, ma con il doppio delle sofferenze... tanto vale finirle subito, così ho preso quella lama che mi stava pian piano uccidendo e l'ho trascinata a creare una voragine, un cratere dal quale è uscita la mia anima, tutto il sangue che rimaneva, e mi ha lasciato per ore ferma lì, intontita, vuota ma con le lacrime che scendevano pian piano, perché quelle non riesci a svuotarle, restano in un angolo protetto e continuano a scendere piano, nonostante non sia rimasto più nulla di ciò che eri. 
Oggi ho provato a voltare pagina, ma se non c'è un riscontro poco cambia, per il momento. Dovrò solo essere in grado di mantenere il coraggio che mi da l'incoscienza di sapere che, tanto, oggi non lo sentirei comunque, ma sperare di avere la stessa forza quando so che potrei sentire la sua voce, avere sue notizie. Ma così non è vita, per nessuno dei due, e non si può costringere a nessuno ad amare o ad esserci, come non si può costringere nessuno a morire per una lenta agonia che comunque porterebbe alla sua fine, ma con ulteriori sofferenze atroci. 

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