sabato 1 ottobre 2022

"Rinascita" (RACCONTO DI FANTASIA)

Era tempo che non mi sentivo così… un brivido lungo la schiena, sensazione conosciuta ma da troppo non provata, mi aveva sbloccato dei ricordi che credevo ormai sopiti, facenti parte di un passato ormai chiuso dentro ad una valigia sopra l’armadio. Mi ero ripromessa di sistemarla, quella valigia, ma la paura di scoperchiare quel vaso di Pandora riempito in fretta, non mi ha mai permesso di mantenere quell’intento di ordine che solitamente prende il sopravvento. La guardo e non so mai se pervade la paura di ciò che contiene o il nervoso di come è stato riposto.
Invece, per la prima volta, ero riuscita a sfiorare di nuovo quelle emozioni, per un momento ero riuscita a sentirmi nuovamente al mio posto, con quelle sensazioni che ti sfiorano senza essere toccata, che ti solleticano nei punti più nascosti del corpo e dell’anima.
Ho ceduto, nonostante il mio istinto si fosse messo allerta, memore dei pezzi della mia anima che ancora sto recuperando e ricostruendo, ma il bisogno è forte, la necessità di sentirmi ancora una volta al mio posto ha prevalso e ho accettato di cedere al mio vero io, a quella parte di me che pretende una guida, dei binari su cui viaggiare sicura e senza sbandate.
Un viaggio in treno, promesse dette a mezza voce con un tono quasi familiare, particolare, caratteristica che mi ha sempre affascinato, perché la voce è la prima cosa che ti sfiora la pelle e che la fa risvegliare da un torpore radicato per dolore e delusione.
Istruzioni precise, nessuna possibilità di errore, nessuna decisione se non quella, inaspettata quanto ragionata, di fidarmi di quella figura, tanto conosciuta agli altri quanto sconosciuta a me, ma, tutto sommato, ho imparato che una persona non la conosci mai fino in fondo, tanto vale dare il beneficio del dubbio.
Arrivo in stazione, la storia di quel luogo immenso mi avvolge e mi rassicura, ci sono già stata diverse volte, e regala un barlume di familiarità.
Seguo attentamente le indicazioni che mi sono state date, esco e trovo un taxi, leggo velocemente dal telefono l’indirizzo che mi è stato inviato e mi accomodo sul sedile posteriore, lasciandomi trasportare dalla musica di sottofondo e dai paesaggi che vedo passare sotto i miei occhi.
“Signora siamo arrivati “, senza accorgermi ci eravamo fermati, presa dai pensieri e da ciò che si susseguiva davanti ai me. Smonto davanti ad un palazzo, ma le istruzioni avevano anticipato anche questo, entro dalla porta che ormai conosco, tanta la dovizia nel descriverla, scendo le scale e il corridoio si fa stretto, porte in ferro si susseguono sulla sinistra, regolari nella distanza e asettiche nella forma. 


Lo percorro tutto, perché la mia destinazione è la piccola porta di fronte a me, in punta al corridoio, apparentemente uguale alle altre, ma che contiene un mondo diverso, a parte, la promessa di una destinazione parallela che mi farà tornare a sentire me stessa, quella parte di me che chiede solo la possibilità di esprimersi.
È aperta, entro e mi dirigo verso il tavolo di fronte a me, che sostiene un foglietto con le ultime istruzioni da seguire. Devo mettermi in ginocchio, vestita ma a piedi nudi, le mani sulle cosce, gli occhi chiusi, niente benda, perché seguire le istruzioni deve essere una mia volontà e non un’imposizione. Senza la benda posso guardare quando voglio, se dovessi sentirmi a disagio o avere paura.
Eseguo, ma quel foglio scritto ha già fatto sobbalzare la mia “me” che da troppo non trovava sfogo e espressione.
Chiudo gli occhi e resto lì ferma, con gli spifferi di quello scantinato che mi accarezzano i pochi lembi di pelle nuda che la giornata fredda ha concesso. Non so esattamente quanto tempo sta passando, scandito solo dai cigolii delle caldaie nei magazzini, da una goccia che perde da qualche rubinetto chissà in che angolo dell’interrato, finché questo sottofondo viene interrotto da dei passi, sento la porta aprirsi e d’impulso i miei occhi si serrano ancora più stretti, mentre logica vorrebbe che si aprissero presi dalla curiosità e da istinto di protezione. Sento l’aria muoversi attorno, gli spifferi si interrompono protetti da qualcosa che li blocca. Sento degli occhi fissi su di me, quel tipo di sguardo lo conosco bene, fermo, fisso, autoritario. Uno sguardo che, oltre alla mia figura, ha già visto cosa succederà nei prossimi minuti, nelle prossime ore, che ha già visto il mio corpo tra le sue mani.
Una mano si poggia sulla mia testa, accarezza i capelli legati a formare una coda sulla nuca, come mi era stato chiesto , poi sul mio viso, e assecondo quel tocco, poggiando la mia guancia contro una pelle sconosciuta, che mi risveglia sensazioni familiari e allo stesso tempo mi mettono i sensi in uno stato di allerta.
Vengo presa per mano, fatta alzare e gli occhi continuano ad essere chiusi, sento finalmente quella voce familiare che riempie la stanza “ti faccio poggiare sulla croce, ti aiuto io” e sento le mani poggiare sul legno caldo, le cinghie che si stringono ai polsi, più per comodità che per costrizione, avrei potuto sfilarle in qualsiasi momento. Stessa cosa per le caviglie lasciate scoperte dai jeans risvoltati. Vestita ma completamente nuda nell’animo, mi lascio andare a quei sospiri che sento vicino al mio volto, a quella mano che sento correre sulla schiena attraverso la maglietta che ancora ho addosso. Lo sento avvicinarsi al mio orecchio e sussurrarmi “ci penso io a te, ma devi essere tu a volerlo quindi, se dovrò fermarmi, basta che tu dica ALT, e io mi fermerò, va bene Missy? Fa solo un cenno con la testa”.
Un piccolo cenno di assenso mi viene naturale, annuisco e gli do il via, sono tranquilla conosce i miei limiti e ne abbiamo parlato, ma conosco anche la sua attitudine al buonsenso, pur nella sua spiccata vena sadica. Con lui mi sono aperta, l’ho accompagnato tra le rovine della mia anima come non facevo da tempo, quindi mi conosce, e sta dimostrando di meritare la mia fiducia.
Lo sento prendere il lembo della maglietta e la tira su fino a sfilare la testa lasciandola sulle braccia, con un movimento secco sgancia il reggiseno e la mia schiena resta nuda e vulnerabile al suo sguardo e alle sue mani, che adesso passano sicure sulla pelle, coprendo la distanza tra il collo e i fianchi senza perdere nemmeno un centimetro. Sento passare le mani sui bottoni e la cerniera dei jeans, li slaccia e li abbassa appena sotto alle natiche, il massimo che la posizione a gambe divaricate permette. Stesa fine fanno gli slip, lasciando il culo scoperto, la pelle bianca a sua disposizione. Non sento più le sue mani addosso a me, ma il suo sguardo si, che ammira e contempla ciò che è a sua disposizione.
Lo sento avvicinarsi e il contatto con le sue mani mi fa sobbalzare, mi fa scappare un piccolo gremito di piacere “shhhhh Missy, stai zitta”. Mi accarezza e, tutto d’un tratto, un colpo secco, una sberla decisa, con il classico schiocco che produce la mano aperta sulla natica destra . Finalmente i ricordi si sbloccano come se la diga si fosse spalancata a liberare ciò che avevo rilegato in un angolo della mente. Si ferma, accarezza la pelle probabilmente arrossata, di nuovo una pausa e nuovamente sento lo schioccare a sinistra, stesso procedimento, stessa sensazione familiare, stesso piacere e stesse emozioni. Inizia così a scandire un regolare alternarsi di sberle e carezze, con una mano a tenere i miei capelli raccolti e tirarli quel poco che non mi permette di sobbalzare ad ogni colpo. Gli occhi sempre sbarrati, la bocca serrata come ha ordinato, i gemiti strozzati in gola che non hanno il permesso di trovare sfogo, il respiro affannato, sono di nuovo io, Missy è tornata a vivere e non sopravvive più. La pelle brucia, ho perso il conto dei colpi, affogata nel mio stesso piacere. Si ferma e inizia ad accarezzarmi la schiena nuda, sa come accontentarmi, ne abbiamo parlato quando gli ho raccontato delle mie esperienze passate, così sento le nappe del Flogger accarezzarmi la schiena, passare morbidi quasi a massaggiare, ma so bene che serve a preparare la pelle a ciò che arriverà. Ed ecco la prima stoccata, leggera ma sempre decisa, una a destra e una a sinistra, alternate con la mano calda che passa a lenire quei colpi che segnano e colorano la pelle. I colpi si susseguono, sempre più forti, così che la pelle non si possa abituare al ritmo crescente delle stoccate, finché arrivo all’apice del godimento, le gambe mi tremano, le mani stringono le cinghie i pantaloni si bagnano del mio piacere finché mi lascio andare e ogni muscolo del mio corpo perde forza.
Si ferma, accarezza la pelle ormai segnata, la sua mano scivola tra le mie gambe a contemplare il suo lavoro portato a termine, mi tocca, perlustra con le dita e sento un fremito attraversarmi il corpo “Missy ti sei sbloccata, adesso puoi lasciarti andare e tornare ad essere ciò che, dentro di te, sei sempre stata”.
Quanto ha ragione… la pelle brucia, il piacere mi ha travolto come un uragano, ma sono in pace con il mondo, probabilmente nella calma apparente del centro della tempesta, ma SONO IO, sono tornata ad essere “me”.
Mi slega le cinghie, mi sorregge e mi fa poggiare a terra, accanto alla sua poltrona, si siede e mi fa poggiare la testa sulle sue gambe. La maglietta e i pantaloni, tornati goffamente e approssimativamente al loro posto, bruciano a contatto con la pelle, però mi fanno sentire viva.
Restiamo così per un tempo indefinito, finché il mio respiro torna regolare e i miei muscoli riprendono forza.
Mi aiuta ad alzarmi, a sistemarmi, si prende cura di me e si sincera che io stia bene, mi prende per mano e mi riaccompagna fuori dal suo rifugio, che per un paio di ore è diventato il nostro. Montiamo in macchina e mi riaccompagna in stazione, tenendomi la mano stretta, accarezzandomi la gamba, mentre la schiena e le natiche bruciano a contatto con il sedile.
Parcheggiamo e arriviamo al binario, mi accarezza, mi da un bacio sulla guancia e si congeda dicendomi “adesso puoi parlare”.
Mi esce solo “come Lei desidera Sir”
Mi fa cenno di montare in treno e mi abbandono di peso sul primo sedile che trovo, non per la stanchezza, ma per far nuovamente bruciare i segni e per accuire i sensi.
Lo guardo dal finestrino mentre si allontana, ma allo stesso tempo so che verrà a casa con me. È un percorso che è appena iniziato, non so quanto durerà e quanto mi darà, ma ho fatto un passo importante, che ha riportato la mia anima ad incollare qualche pezzetto, anche se i segni delle crepe rimarranno, comunque tornerò ad essere completa

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